Per me l’estate è il momento in cui le passioni, riscaldate dal tepore dei raggi del sole, trovano la loro massima espressione. Si legge, si suona, si scrive. Ci si emoziona. Quando scocca l’ultima ora di lavoro o si accetta il voto dell’ultimo esame della sessione è come se, ogni volta, rinascessimo nel corpo e nello spirito. Misery è un grande romanzo psicologico, a tratti influenzato dalla psicoanalisi froidiana, perché le sfumature della psiche rigettate ai confini dell’immaginario collettivo. I lati più oscuri dell’essere umano in quanto tale, riescono a esprimersi sotto forma di nevrosi ed esasperazione nei due protagonisti.
La mia recensione…
In estate, quel senso di costrizione che attanaglia il nostro istinto sparisce nella pioggia di stagione, lasciando spazio alla nostra essenza. Annie e Paul mi hanno accompagnata in questa transizione, con i loro pregi e difetti, poi hanno deciso di lasciarmi dopo qualche settimana.
L’abilità di orchestrare le storie più impensabili, più introspettive e arricchirle di dettagli e descrizioni azzeccate resta un pregio indiscusso di Stephen King. La storia di Misery è un elogio alla scrittura e al rapporto tra scrittore e lettore, la trama secondaria che viaggia su un binario parallelo a quello della principale.
Eppure King non è solo un “mago dell’horror”, ma anche un grande psicanalista. Servendosi di personaggi come quello degenerato (ma eccezionale) di Annie, King mostra i lati più oscuri dell’essere umano. Li porta alla massima potenza e li racconta per quello che sono, senza freni inibitori o convenzioni imposte dalle società civilizzate.
Annie è la pecora nera del villaggio, che colleziona le figurine delle sue vittime, ma ha anche una grande ossesione: Misery, una saga che terminerà con la morte della protagonista a cui Annie non riuscirà mai a dare una spiegazione. Ed è qui che emerge il lato oscuro della psiche umana, quell’istinto represso che riesce a esprimersi solo nella sua forma peggiore.
Nella figura di Paul, invece, ritroviamo l’istinto di sopravvivenza. Quello che ci rende vivi e di fronte al quale ogni differenza tra gli esseri viventi più diversi si riduce a un grumo di sabbia. Paul è uno scrittore famoso, che in seguito a un incidente perde la capacità di camminare e diventa ostaggio di Annie e delle sue manie. Ma entrambi sono accomunati da quel senso di costrizione, dal peso della società che impone agli individui di comportarsi secondo norme prescritte e non secondo la loro natura. Quindi ecco che trionfa anche il suo lato oscuro, che gli permetterà di riacquisire quella libertà persa.
L’impianto psicologico dietro Misery
Misery si fonda sulla contraddizione tra uomo, in quanto individuo con le pulsioni e i suoi desideri, e società, la sovrastruttura marxista che impone la sua ideologia sull’uomo. In questa imposizione, sono insiti anche i limiti delle pulsioni sessuali e aggressive, senza i quali la civiltà non potrebbe realizzarsi. Tuttavia, l’uomo (la struttura per Marx) è l’impalcatura che sostiene e che dà senso alla società. Per Marx gli uomini sono le forze produttive, per Freud sono individui assoggettati alle normative, che entrano in uno stato di nevrosi. Annie non riesce a risolvere il suo conflitto con la società, così si rinchiude in una casa in campagna e quando incontra Paul le sue nevrosi sfociano in impulsi irrefrenabili.